martedì 16 giugno 2009

Rendiconto narrativo

Tratta 12
9 giugno 2009
(da stazione Laurentina a Corviale)

Mentre studiavo mi sono distratta a guardare l’hula hop appeso al muro della camera: banalmente, e sulla scia di una preoccupante deformazione, ho pensato che è «tondo come il raccordo». Non sacrificherò il mio cerchio colorato per la mappa di oggi, ma recupero i lunghi cavi elettrici raccolti durante una delle prime tratte e li intreccio tra loro per formare un simbolico e efficace G.R.A. Giusto per essere precisi e avere riferimenti fascio con un nastro celeste la porzione corrispondente al percorso di oggi (Laurentina-Corviale), mentre “tratteggio” con un filo rosso quella relativa allo spazio rimanente. Il tragitto compiuto è OVVIAMENTE avvolto con la fascetta celeste. Il problema che mi pongo è da quale punto del cerchio cominciare a mappare (lo spazio relativo alla tratta di oggi è simbolico e proporzionato, non mi c’entrerà tutto) ma Giulia risolverà la questione con un frasone a effetto che giustifica l’attaccatura del rituale biglietto atac in corrispondenza della uscita 1 del raccordo: «Avrai più scale temporali e spaziali in contemporanea ma la partenza relativa sarà comunque da Aurelia, l’inizio di tutto». Girare con intreccio colorato di plastica e nastri sotto il braccio mi fa guadagnare un posto a sedere sulla metro e la qualifica di «artista» attribuitami da Piccio.
L’autobus indicato sul post non è quello giusto per arrivare al II ponte di Laurentina, lungo Via Ignazio Silone, e noi che ci siamo incontrati alla metro Laurentina (io, Piccio, Lorenzo, Giulia, Margherita3, Azzurra e Clelia) scendiamo su Via dell’Esercito per fare un tratto a piedi dopo la inevitabile sosta alla gelateria. Attraverso il parcheggio della sede del XII Municipio raggiungiamo il punto d’incontro, dove gli altri già giocano a pallone. Margherita 1: «Siamo tanti oggi!». Accanto al cassonetto della spazzatura Piccio adocchia un invitante cesta di vimini, ma dopo una breve consultazione confessiamo che non ce la sentiamo di tirarcelo dietro fino a sera. Iniziamo a guardare la cartina di oggi e Piccio distribuisce i compiti: «Tiè Margherita, a te lo svincolo. Tuo è il compito di capire come attraversare il Tevere».
Partiamo. Max mi porge un fiore di tulle bianco, probabile residuo del recente mercato. In Via Vasco Pratolini un terribile palazzone attira la nostra attenzione per le sue kitschissime colonne doriche “pendenti”. Domando due volte che struttura sia e le risposte sono: 1) «È il Palazzo Te, siamo a Mantova»; 2) «È un palazzo del cazzo». Molto bene, posso fare a meno di domandare una terza volta. (Da una ricerca su internet scopro che è la sede di “Hewlett-Packard Italiana Srl”, in Via Achille Campanile 85, centro di formazione dell’azienda tecnologica).
Attraversiamo un prato di malva e ne assaliamo il misero susino dai frutti acerbi e, arrivati in Via Covoni, entriamo nei giardinetti comunali. Nei paraggi deve esserci una scuola materna, perché stanno passando tante mamme con le cartelle dei figli a spalla. Matteo e Giulia stanno parlando del quartiere di Tor Bella Monaca e dei suoi palazzi, che Lorenzo inquadra come «dispersi in mezzo al nulla» e Matteo, più poeticamente, «aperti verso la campagna». Attraversati gli aridi giardini siamo di nuovo in Via Ignazio Silone, che costeggiamo camminando su un “interessante e ricco” ciglio della strada: specchietti d’auto, portachiavi, ambre magique, audiocassette, cd, pacchetti di sigarette.. Come traccia lego sulla mappa un cd dal titolo adolescenziale (“Una giornata al mare..! ..∞ + 1..”) ma, accorgendosene, Margherita1 protesta: «Noo, perché l’hai attaccato?! Lo volevo sentire! Diventerà la colonna sonora della tratta, anzi, del video di Giorgio!».
Ci addentriamo tra l’erba alta disturbando due ragazzi che se ne vanno con un sorriso ambiguo e risbuchiamo in un circolo di tennis, dove un gentile signore in tuta sportiva si avvicina per chiedere se può identificarci: «Scusate eh, ma mi hanno detto che hanno visto passare un gruppo “armato”..».
Aldilà della Colombo domina l’insegna gialla del centro, verso il quale ci dirigiamo. Sdraiandosi sull’aiuola spartitraffico davanti al parcheggio Piccio lancia la sfida: «Secondo voi, vale la pena farci un giro? Secondo me sì». Ci mettiamo 10 minuti per fare la foto sotto al portico del parcheggio, ma il bello viene quando vogliamo decidere “come” attraversare il centro commerciale. Lorenzo propone di camminare in stile egiziano con le braccia a angolo retto, in onore all’atmosfera orientale ripresa dalla decorazione interna, ma non ci convince. Raccoglie consensi, invece, l’opzione “gruppo turistico spagnolo”, con tanto di Miguel a capofila con l’ombrellino tenuto in alto. Mi fa tanto ridere questo attraversamento atipico di un luogo che, in effetti, è quotidianamente meta di “turismo”. Miguel è ligio al ruolo e, in spagnolo, ci spiega lo stile “evidentemente” palladiano dell’atrio centrale, ci permette di toccare l’obelisco marmoreo poco più avanti, si sofferma davanti al “reperto” che presenta come l’originale vaso di Pandora, attira la nostra attenzione sulle ammirevoli vetrine alla nostra destra e alla nostra sinistra. Noi lo seguiamo dispensando «oooh» di stupore mentre i clienti ci guardano con l’occhio storto e, mi sembra, rimanendo a debita distanza. Uscendo sulla terrazza-parcheggio ci avviamo verso gli scavi aperti lungo la strada. Camminando sento Matteo che pratica con David il settimanale corso di romanesch, interrogandolo su frasi-chiave del tipo: «Come si dice: “Sei molto bella”?». Passando sotto a un cavalcavia Piccio ci consiglia di «trattenere il respiro e passare», e tra i rifiuti Panajotis trova un carrello giocattolo dell’Auchan che si porterà dietro per la figlia Elettra.
Da Via di Decima, dove al 102 Giulia fotografa la targa del palazzo dell’Ufficio Condono Edilizio, giriamo in Via Pianeta Terra e entriamo nel parcheggio protetto da una cancellata riportante il numero civico 4. Siamo nel complesso del Cinema Stardust (zona Eur Torrino, mi spiega Francesco che lo frequenta). Ci concediamo nuovamente una pausa divisi in vari gruppetti: davanti al chioschetto dei gelati si commenta la serata di inaugurazione della mostra “Campus Rom”, gli spagnoli hanno comprato una confezione da 4,50 € di poc corn (da cui attingo), Clelia si aggiusta il piercing alla lingua e la cosa mi affascina anche se non voglio guardare.
Quando ci rianimiamo attraversiamo i giardini dietro al cinema e siamo in Via dei Decimi, ma all’incrocio con Via Sabatini abbiamo un attimo di smarrimento perché abbiamo perso di vista gli stalker (ci fermiamo a fare una telefonata davanti alla sede dell’Associazione Sportiva Roma 12). Passiamo sotto i portici di Via Lordi e ci perdiamo tra i tanti palazzoni identici in mattoncini rossi. Tanti bambini raccolgono i pinoli nei giardinetti condominiali.
Passando dal sottopassaggio della stazione Tor di Valle attraversiamo Via del Mare per vagare lungo Via dell’Ippodromo, zona che non riesco a mappe perché mi sembra che niente, nella zona deserta, sia rappresentativo: né depliant né tracce di vita, niente di niente. La struttura è fatiscente e sembra abbandonata, ma da una ricerca su internet vedo che, al contrario di quanto si possa pensare, l’”Ippocity Tordivalle” ha un ricco calendario settimanale di corse.
Prima di scavalcare il muro oltre il quale si apre la “selvaggia” campagna gridiamo in direzione del vicino casolare, dal quale sentiamo dei latrati da cui vorremmo tutelarci. Ci viene incontro un disponibile signore rumeno con la faccia impomatata di schiuma da barba, che ci dà il lasciapassare.
Scavalchiamo ma continuiamo a tenere di vista l’ippodromo, del quale ora si sentono gli annunci nonostante in giro non si veda nessuno e la struttura continui a presentare ancora uno stato di abbandono. Saltiamo con agilità la recinzione (Max si esibisce in una «prova olio cuore») e iniziamo a camminare sulla pista ciclabile dove David rischia di essere investito da due ciclisti; la cosa lo lascia, come sempre, con un placido sorriso sulle labbra. Il percorso arancione, recita il cartello, collega Ponte Sublicio con Ponte Mezzo Cammino, e è probabilmente quest’ultimo che attraversiamo. Siamo dall’altra parte del Tevere. Per uscire dalla recinzione dell’acquedotto si presenta davanti a noi un complicato scavalco di cancellata chiusa da un grosso lucchetto e, dopo un brevissimo e momentaneo tentativo di..ecco..sì, “scasso”, ci ingegniamo con pali, reti e un vecchio banco di scuola. La parte più delicata sta nell’aiutare David ma anche il suo placido sorriso riesce a arrivare dall’altra parte. Intanto Francesco e Giulia si sono indaffarati dietro al “caso” di una borsa di paglia trovata tra l’erba. È di una professoressa spagnola di Roma Tre, arrivata a Fiumicino giusto in tarda mattinata e derubata appena messo il piede a terra, o poco dopo. La precisione dei suoi documenti, conservati nelle foderine trasparenti di un portafoto, è ammirevole ma non ci consente di rintracciare utili numeri telefonici. Proviamo a contattare la portineria del dipartimento di linguistica, dove insegna, ma sono le 19 passate e non riescono a aiutarci. Francesco lascia il suo recapito; verrò a sapere che la professoressa lo richiamerà per ringraziarlo, manifestando la sua voglia di incontrarci per premiare il nostro «senso civico».
Adesso siamo vicino alla stazione Magliana, dove ci avviamo per definire la prima “conclusione” della tratta: io, insieme a David, una delle ragazze spagnole e Panajotis, prendiamo il trenino per Piramide mentre il resto del gruppo è deciso a cenare alla trattoria di Corviale.
Leggo sul blog che il prossimo appuntamento di mercoledì 15 giugno partirà proprio da là, quindi la meta della tratta 11 è stata davvero raggiunta. Anzi: conquistata.

FRANCESCA

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